“C’era una donna”… ma per Laura Ricci ce ne sono di più

di Luca Gervasio
da www.orvietonews.it

Ambra Laurenzi, Anna Maria Farabbi, Laura Ricci a Umbrialibri
Ambra Laurenzi, Anna Maria Farabbi, Laura Ricci a Umbrialibri

È stata la nota poeta e saggista Anna Maria Farabbi a presentare, giovedì 10 novembre all’apertura di Umbria Libri a Perugia, “Dodecapoli” (LietoColle edizioni), l’ultimo lavoro della scrittrice Laura Ricci che è completato e arricchito da 26 tavole della fotografa Ambra Laurenzi. Il viaggio di Ambra e Laura, che dal semplice libro è passato a un progetto più complesso e impegnativo – quello di un’installazione di scrittura narrativa e scrittura fotografica che, dopo aver debuttato a Orvieto in aprile, sta attraversando varie città italiane – è così tornato alle origini dell’opera fotonarrativa, trovando nelle viscere della Rocca Paolina il luogo davvero giusto per essere ospitato e, nel titolo di UmbriaLibri 2011, “C’era una donna”, una coniugazione che con il libro è altrettanto in linea.

Perché di donne, in Dodecapoli, ce ne sono, come fa notare l’autrice in un’intervista su Umbria24, ben dodici e anche di più: dodici indimenticabili protagoniste che alla fine di ogni racconto quasi dispiace lasciare e, intorno a loro, protagoniste minori non meno incisive e coinvolgenti. E perché, secondo la linea che vuole tracciare Umbria Libri 2011, non solo è finita l’epoca del non esserci delle donne, ma anche un modo di raccontarle. E Laura Ricci, come afferma da sempre con la sua scrittura e come ha sottolineato anche durante la presentazione perugina, le donne vuole rappresentarle e raccontarle proprio per stabilire una cesura con facili approssimazioni e luoghi comuni: vuole raccontarle con occhi di genere, partendo dal loro corpo, dalla loro esperienza e dalle loro modalità di pensiero, entrando nelle loro profondità.

In questo senso, come ha bene evidenziato Anna Maria Farabbi, neanche la scelta di chi introduce al libro è casuale, perché l’aver scelto per questa iniziazione alla lettura Anna Maria Crispino, donna da sempre impegnata con ruoli propulsivi e significativi nell’ambito della produzione del pensiero femminile, significa già, di per sé, volere attribuire all’opera una forte connotazione di genere. Così come la conclusione, affidata a una donna architetto, Teresa Mariniello, intende sottolineare la connessione altrettanto robusta tra pensiero e luogo, tra spazio interiore ed esteriore. Coniugazione, esplorazione che la felice interazione tra il linguaggio della parola e quello dell’immagine riesce a meglio restituire in tutta la sua complessità, come se una modalità comunicativa unica non potesse bastare a rendere, sia dello spazio femminile che di quello architettonico, le molteplici sfaccettature. Ed ecco allora l’intervento dell’occhio fotografico di Ambra Laurenzi che va a restituire, degli spazi (preminentemente celebri piazze italiane), non semplicemente il luogo, ma l’attitudine, il sentmento con cui le protagoniste li vivono.

Altro elemento messo in evidenza da Anna Maria Farabbi, al fine di una lettura e di un’interpretazione di genere, la nominazione. Oltre che da indimenticabili protagoniste, ognuna diversa dall’altra e tutte insieme intente a produrre un affresco vasto e variegato dell’universo femminile, la Dodecapoli di Laura Ricci è costellata di richiami e rimandi, peraltro mai a forma di citazione ma naturalmente inseriti nel tessuto narrativo, a tutta una serie di grandi madri simboliche: dalle grandi mistiche, Caterina da Siena e Teresa de Avila, alla massima candida vestale della poesia, Emily Dickinson, da Virginia Woolf alle grandi poete americane del cosiddetto “smantellamento” del dopoguerra, alla non meno dissacrante grande poeta umbra Patrizia Cavalli. E altrettanto significative alcune nominazioni architettoniche: il geniale estromesso Maestro sottile del Duomo di Orvieto, il colpevolmente rimosso Jacopo della Quercia, la cui Fonte Gaia fu, con un “imperdonabile errore”, allineata al pubblico palazzo senese nell’Ottocento.

Nell’ampio, coinvolgente affresco di Dodecapoli – un flusso in cui tutto scorre ma in cui nulla, come la sua autrice afferma, “nasce o procede a caso” – molti sono i tasselli che Laura Ricci accosta e incastra, in un gioco continuo di rimandi dal pubblico al privato: il cammino di libertà delle donne nel secondo Novecento, la storia più o meno quotidiana della nostra Italia, le meravigliose architetture della nazione e il canto alla bellezza della materia grande e piccola, il tributo alle Maestre e ai Maestri del passato, la speranza di un futuro che sappia risollevare dalle volgari ferite dell’oggi, la gratitudine per ogni sapere acquisito dai grandi e dai semplici; e, filo ricorrente e inestinguibile di tutto il libro, la ricerca di “un’autentica interiore libertà” femminile.

Ed è quest’ultimo il tema che è stato scelto per la lettura di alcuni brani del volume, offerti al pubblico da Olimpia Cesaroni e Loretta Fuccello, lettrici di grande spessore e competenza del gruppo dei “Lettori Portatili” che si sono formati nei corsi di lettura svolti a più riprese, a cura del Collettivo Teatro Animazione, presso la struttura del Carmine di Orvieto. Un appassionante excursus nelle sfumature e nella complessità dell’anima femminile, che dal racconto “Cose che non si buttano mai”, incentrato intorno alla Piazza della Loggia di Brescia, ha poi condotto gli ascoltatori al singolare canone inverso impresso dall’ignoto Maestro sottile al Duomo di Orvieto, fino all’appassionante viaggio di Flavia attraverso le contaminazioni multiculturali di Malta, per culminare infine nel bellissimo esercizio acustico di Chiara presso la Fonte Gaia, magistralmente reso dall’interpretazione delle due lettrici.

Suggestivo sfondo dell’intera presentazione, le immagini fotografiche non solo del libro, ma dell’intera installazione “Multiscritture del femminile per un Grand Tour contemporaneo”. Un vero Grand Tour al femminile, in effetti, questo di Ambra e Laura, che tra scrittura e immagini restituisce non solo scritture, ma “multiletture” possibili: una diversa, profonda e spiazzante lettura dell’interiorità femminile, di un modo altro di vivere gli spazi, la quotidianità e la storia; la lettura della lenta, curata consonanza con la bellezza di quel che è grande e di quel che è minuto, di scenografie ampie e significativi particolari; e, soprattutto, quella della legittimazione del proprio femminile sentire, della libertà di agire e raccontare dal proprio punto di vista.