di Alessio Brandolini
La poesia appartata di Laura Ricci assomiglia molto all’antico rito del tè. Non a caso qui se ne parla in due poesie e già era presente nel suo bel libro di racconti Insopprimibili vizi (2004). È delicata e preziosa ed ha un aroma tiepido, eppure inebriante, per usare le sue stesse parole. Riesce a dire sussurrando, o con i piccoli gesti della vita quotidiana, i soliti pensieri che ritornano alla mente, che ci accompagnano tutta una vita, e a volte ci assillano. Eppure nessun giorno è uguale all’altro e ogni amore che si vive ha la sua immensa importanza, che lo rende indispensabile e prezioso. È questo, probabilmente, il selvatico fiore rosso, di cui si parla in una delle poesie più belle della raccolta. Nei versi calmi di Voce alla notte si accende all’improvviso una sensualità laica e trasgressiva, all’inizio non facilmente avvertibile, un coraggio d’amare, esplorare, vivere che ricorda i versi del grande Costantinos Kavafis, anche lui un moderno impregnato di classicismo, di vita vissuta, di attenzione agli sguardi, ai gesti.
Non inganni la compostezza metrica di questa silloge, la sua asciuttezza filosofica, il ritmo lento e riflessivo. Se è vero che qui si anela al gesto semplice e all’abbraccio (all’essenzialità), alla musica e alla bellezza, la peculiarità della poesia di Laura Ricci sta soprattutto nell’abbandono pieno e fiducioso alla vita:
Tutto finito
quasi un fallimento.
Pure amerò di nuovo
con la totalità
piena di sempre.
L’attesa del nuovo, quindi, e non il rimpianto del passato. E la voglia di ascoltare la voce autentica d’ogni strumento, di goderne appieno con mozartiana allegria.
Dal punto di vista stilistico la totale disponibilità all’ascolto si trasforma in pulizia formale e tendenza alla chiarezza, nelleliminazione di tutto quello che ingolfa, intorbidisce la sostanza della scrittura (e aggiungerei dell’agire) poetico. Allora la lucida introspezione si fonde con i sensi e il tè ha un sapore, ad un tempo, dolce e forte. Per questo la poesia di Laura Ricci riesce a tracciare con discrezione ma in modo abile e profondo un paesaggio di stagioni fatto di piccole cose concrete, dove anche gli inverni hanno i loro frutti gustosi, e a dare voce al mistero della notte. Alla sua luce segreta.