Anche Laura Ricci nell’Antologia “Poeti umbri contemporanei”

laura_ricci_4

Nella foto (di Ambra Laurenzi) Laura Ricci (a destra) durante la presentazione al Caffè letterario della Biblioteca comunale di Terni della sua ultima opera “e Io sono una Rosa”, insieme alla collega poeta Angela Chermaddi (parimenti inserita nell’antologia) e alla responsabile della Bct Elisabetta Almadori.

È uscita circa un mese fa l’antologia “Poeti umbri contemporanei”, presente in questi giorni alla Fiera del libro di Francoforte (8 al 12 ottobre 2014) nello stand della Regione Umbria. Edita con rigore e raffinatezza da Il Formichiere di Foligno, la piccola e rigorosa casa editrice di Marcello Cingolani, curata da E. De Albentiis e Gianluca Prosperi, con un’introduzione di Paolo Tuscano, la raccolta ospita, in un bel tomo di 845 pagine, 149 poeti e poete umbri/i nati/e dopo il 1930. Un’impresa coraggiosa, che completa la sua impronta di qualità con l’inserimento nel volume di 14 tavole illustrate in bianco e nero, dovute a altrettanti artisti umbri contemporanei: M. Arzilli, L. Bartella, S. Burattini, B. Ceccobelli, M. Chiacchera, S. Di Stasio, L. Frappi, B. Gattolin, W. Lok, L. Manna, U. Raponi, L. Tittarelli, R. Vasta, F. Venanti.

antologia ridottaHo avuto il piacere e l’onore di esservi inserita. Vista anche la qualità della pubblicazione ne sono felice e considero molto gratificante questo riconoscimento, che annovera tra i poeti umbri la mia voce e, insieme ad essa, il nome di Orvieto, la bella terra umbra che  abito da oltre trenta anni.

Come fa notare Pasquale Tuscano, ordinario di letteratura all’Ateneo di Perugia, nella bella introduzione al libro, per un buon settanta per cento autori e autrici sono umbri autoctoni, per un quindici umbri da anni lontani in altre regioni o all’estero, il resto – e io sono tra questi – qui risiedono, “da decenni alcuni e da molti anni gli altri, in Umbria hanno trovato un ubi consistam, una seconda patria, e questa terra finiscono per amarla forse più degli umbri autentici”.

L’Umbria che amo, dove ho scelto di vivere e dove mi trovo e mi raccolgo pur sentendomi cittadina del mondo, se non addirittura di un infinito-indefinito eterno e altrove, oggi mi premi e mi riconosce. Perché l’ho scelta lo individua, in un passo di una sua acuta recensione al libro, Anton Carlo Ponti: “L’animo umbro, riflessivo, passionale con misura, naturalistico in parte e in parte francescano, mistico, dai testi presenti nell’importante impresa editoriale e critica, si avverte sottilmente o a volte esplode in invettiva o in satira, in poesie impegnate sul fronte politico in senso ampio della parola. L’Umbria della poesia, una terra dove la poesia sopravvive alla modernità troppo arida sovente, qui trova conforto e consolazione, anche se compito dell’arte è di mettere caos nell’ordine”.

L’antologia “Poeti umbri contemporanei” va a completare in modo esaustivo il fertile quadro poetico di questa terra, che aveva già trovato riscontro in precedenti imprese editoriali: “Poeti umbri” curata da Anton Carlo Ponti con introduzione di Ferruccio Ulivi (Perugia, Umbria Editrice, 1975) e, nel 2008, i due tomi di “Poeti Umbri del Novecento”, a cura di A.C. Ponti e L.M.. Reale (Perugia, EFFE F. Fabbri), raccolte che si arrestavano ai poeti umbri non più in vita o che avessero compiuto 80 anni al momento della pubblicazione del libro.

Per acquistare l’antologia rivolgersi a Il Formichiere.

Di seguito i miei componimenti inseriti nell’antologia:

da “Voce alla notte” (LietoColle 2006)

Cenere

Questa pioggia continua
sottile mi gela.
Questo ceppo che brucia
più che la fiamma ardente
mi rammenta la cenere
futura, il grigio mesto
radunarsi di tante faville.

Amore

È – questo intenso amore –
campo rosso di fragole
d’acre dolcezza profumato.
È di limone fiore, di frutto
aspro allegro mi stordì
d’aroma forte assaporato.
Emana acre pari intenso odore
l’aspro tuo intenso profumato
amore.

da “La strega poeta” (LietoColle 2008)

camminava sul mare l’ormai non più giovane
ragazza quando uno stormo di gabbiani l’avvolse
in un lamento. gabbiani – uccelli per poetucoli
dalle sue parti, piume comuni per libri
da strapazzo. tese l’orecchio all’acqua – voci
vere, grido inquietante volto all’abisso.

e si sentì – nell’isola – distante
ancorata – dell’anima – al profondo

************************************************

di legno era il portasapone e la tinozza
di zinco e di cotone il cotone.
di seta la camicia buona della festa
di feltro vero feltro il cappello in testa.

di lana era il costume di mia madre
al mare, di lana dura il mio costume
intriso d’acqua e sale. di lana, pura
lana restringibile erano calze e guanti
e i dolci fatti in casa di strutto bianco
senza conservanti.

di lino era l’estate, di canapa
non mista, lieve di tulle e
di batista. di legno il portasapone
e la tinozza di zinco.

e mentre fanno il bagno madre e figlia

ninfee di schiuma povera e rada
spugna grezza fumante. ed il profumo
quello di marsiglia

************************************************

misura dell’amore è la perdita
l’assenza
la trappola improvvisa
di un ricordo
che afferra e strugge.

misura della perdita è l’insistere
della presenza
l’ago di rame
che dal silenzio
scintilla e punge.

presenza non è semplicemente
stare

è il cerchio che non chiude
il ritorno
la spirale infinita
dell’eterno venire
e dell’andare

**************************************************

morirò vecchissima.
non so bene come né riesco
a prevedere dove e il mese
ma avrò di certo freddo.
anche se fosse una notte calda
profumata della ribollente estate.

morirò vecchissima.
in un piccolo corpo
accartocciato quasi invisibile
forse di centenaria nodosa.

svanite una dopo l’altra – andate
di tutte e tutti le presenze amate.

avrò trasformato ogni volta
in canto il mal di testa
dell’impotenza, in goccia limpida
di parola l’onda torbida confusa
del dolore. toccherà anche
a me, tardi ho l’impressione.

svanite una dopo l’altra – andate
di tutte e tutti le presenze amate.

perché mio sarà stato il destino
della strega poeta, quella
che voleva acchiappare il tempo
con le maglie dell’alfabeto.

svuoterò nel nulla d’azzurro
la mia valigia di parole –
chiuderò l’ombrello dei miei
piccoli esorcismi di suoni e segni.

quello sarà il silenzio –
né più dolore né bellezza.