Tutti i poeti e le poesie di Percorsi di-versi a Monza. Traduzione in inglese a cura di Erika Pauli e Laura Ricci

sentieri di-versi monzaIl percorso poetico PERCORSI DI-VERSI, che fa parte di EXPO Milano 2015, si snoda lungo un itinerario all’interno del Parco della Villa Reale di Monza tramite l’installazione di 30 pannelli, in esposizione fino alla fine di Ottobre 2015, ognuno dei quali contiene il testo inedito di un poeta contemporaneo italiano sul tema “Nutrire il pianeta” e la sua traduzione in inglese, curata da Erika Pauli e Laura Ricci. Ogni poesia è illustrata dall’artista Maria Micozzi. I poeti che, tramite la casa editrice La Vita Felice, hanno donato una propria poesia per l’occasione sono: Sebastiano Aglieco, Lino Angiuli, Corrado Bagnoli, Cristina Balzaretti, Marco Bellini, Alessio Brandolini, Franco Buffoni, Luigi Cannillo, Anna Maria Carpi, Salvatore Contessini, Vittorino Curci, Roberto Deidier, Renzo Favaron, Annamaria Ferramosca, Stefano Guglielmin, Tomaso Kemeny, Giancarlo Majorino, Piero Marelli, Cinzia Marulli, Luciana Moretto, Guido Oldani, Rita Pacilio, Isabella Panfido, Elio Pecora, Paolo Pezzaglia, Laura Ricci, Davide Rondoni, Luigia Sorrentino, Salvatore Sblando, Anna Toscano. Di seguito i loro testi.

SEBASTIANO AGLIECO

Piccola lezione

dentro di te, bambino
il pane cresce e si fa pensiero
costruisce la forza del tuo accadere

donalo agli uccelli il pane duro
loro lo spezzeranno e lo faranno rifiorire

ai Lari lascia l’ultima briciola
una cellula del tuo corpo per saziarli
questi fratelli silenziosi

la mostreranno alla necessità
e sarai protetto dalla devastazione.

Small lesson

within you, child
the bread rises and becomes thought
building the force of what is to be,

give the dry bread to the birds
they’ll break it up and give it new life

leave the last crumb for the Lares
a cell of your body to satiate
these silent brothers

they’ll show it when needed
and you’ll be protected from devastation.

LINO ANGIULI

Arazi*

È tutto dire la terra femmina mamma zita di tutto e tutti
dico non solo la terra di siena ma anche quella d’otranto
quella quaternaria dove inzuppo i piedi per farli radicare
quella che il mio tatasire pregava come fosse una madonna

sul suo tappeto marrone viandarono i quattro evangelisti
moschettieri pronti a duellare coi cavalieri dell’apocalisse
che da sempre sono dentro di noi con un carico di spade
per distruggere grani pistacchi datteri e altro bendiddio

chi la strazza a destra chi la pesta a sinistra la terra nostra
lei però non si arrende e continua a predicare le parabole
per convincere la camomilla a chiacchierare con il sonno
si gira e si rigira dentro i camposanti in attesa d’interrarci

tutti quanti senza differenze di milza tasca lingua colore
nel frattempo suggerisce nell’orecchio dell’ulivo l’arte di
fare a meno della pioggia per regalarci le sue medicine e
rimane a terra a farsi incintare da un vento senza crociate.

Arazi* in Arabo la parola “Arazi” significa “Terra”

Arazi*

It’s all the same, the earth woman mother bride of everything
and everyone, i don’t mean only the siena earth but also that
of otranto, the quaternary earth into which i sink my feet
so they will root the one my tatasire prayed to like a madonna

on her brown carpet the four evangelists wandered
musketeers ready to duel with the horsemen of the apocalypse
always within us swords drawn to destroy
wheat pistacchios dates and other such god-given bounty

those who on our right tear up our land and trample her
on our left, but she refuses to surrender and continues to preach
parables to convince the chamomile to converse with sleep
tossing and turning in the graveyards waiting to bury us

all of us, no matter what our spleen wealth tongue colour
in the meanwhile whispering in the ear of the olive tree
the art of doing without rain to give us its medicines and
remain on earth impregnated by a wind without crusades.

*in Arab the word “Arazi” means “Earth”

CORRADO BAGNOLI

La certezza che ci sia, chissà dove,
chissà dopo cosa, chissà quando,
ma certo, un posto in cui ognuno
di noi ed ogni cosa siamo convocati,
voluti sempre. Tra la terra e il cielo,
che è il mondo fragile, il nostro,
c’è un’immagine grande, una casa,
l’oro e il blu. Ci sono strisce, foglie
di luce, noi, cuori alti e lunghi:
ascoltare le cose nel loro intimo
respiro, dentro il posto in cui cresce
la loro custodia e cura; accogliere
l’istante, la luce, l’unico orizzonte
in cui l’eterno accade. Sguardo.
E poi siamo solo dono, grazia
in mare aperto, roba buona
da mangiare per il cielo.

The certainty that there is, who knows where,
who knows after what, who knows when,
but certain, a place in which each
of us and every thing is convoked,
always wanted. Between the earth and the sky,
which is our world, fragile,
there is a great image, a house,
gold and blue. There are strips, leaves
of light, ourselves, hearts long and high:
listen to things in their intimate
breathing, within the place where
their custody and care grow; receive
the instant, the light, the only horizon
in which the eternal takes place. Look.

And we are only a gift, grace
in an open sea, good stuff
to eat for the sky.

CRISTINA BALZARETTI

Nascita
(in un tempo e un luogo non precisato ma di tutti)

Lui aspettò
che l’acqua tornasse all’acqua,
come vita alla vita.

E Lui crebbe.

Nell’antro buio
– non c’era luce –
solo nero e silenzio.

Lui sopravvisse.

La culla era
lo sciabordio delle onde
– andare ritmico
senso del tempo –

Passarono i giorni.

Poi arrivò la luce
e l’acqua si trasformò
in occhi, mani, braccia

– dal buio alla luce
dall’acqua alla terra –

vita.

Birth
(in an undefined time and place altough belonging to everyone)

He waited
for water to return to water,
life to life.

And He grew.

In the black cavern
– there was no light –
nothing but darkness and silence.

He survived.

The cradle was
the lapping of the waves
– the rhythmic flow
sense of time –

The days passed.

Then light arrived
and the water became
eyes, hands, arms

– from darkness to light
from water to earth –

life.

MARCO BELLINI

La vigna

È caduta l’ultima larva, la vigna
spinge le giornate davanti a sé
depone il carico nella memoria delle radici
lasciando occulto ogni desiderio
e si fa scarto, ripiegato
il gesto sfuggito nell’autunno. Più poveri
i filari attendono la neve
per essere assolti da tutti i raggi
raccolti. I grappoli
di una gravidanza sotto il sole
da tempo hanno lasciato
costruito una distanza
e dato il sangue ai bicchieri.
Ne è rimasto uno, coperto di bave;
nell’attesa del nero di un merlo, insiste
e senza mentire
racconta i fasti.

The vineyard

The last husk has fallen, the vineyard
moves forward with the days,
lays down its burden in the memory of its roots
all desires now hidden,
now nothing but wastage, disregarding
the gesture eluded in autumn. Impoverished
the rows await the snow
to be absolved by all the garnered
rays. The clusters
of a pregnancy under the sun
have long left
constructed a distance
given their blood to the chalice.
Just one is left, covered with mildew;
waiting for the blackbird, it hangs on
and without pretext
tells the tales of its splendors.

ALESSIO BRANDOLINI

Nel mite pianeta

La vecchia valigia legata stretta con lo spago
dei ricordi personali. Un residuo di speranza
sostiene i nostri giorni, di quelli che a sguardi
velati risultano insignificanti o che muoiono
in guerra, per fame, in attesa nel porto africano
o accovacciati nella stiva di una nave-carretta.
Poi ci sono fratelli che non abbiamo incontrato
perché il ghiaccio occulta la vita che germoglia.

Quanto soffre la mano per non poter frenare
il lavoro devastante della ruspa che sposta
i sogni più lontano: li calpesta, li deruba.
Dal grattacielo di cristallo controllano la valle
il petrolio il grano la borsa. Il grido delle pietre
nutre le foglie, tra odio e amore fiuta la vecchia
valigia stretta a quel filo di speranza che dà senso
all’acqua, al pane, al mite pianeta che ci accoglie.

In the gentle planet

The old suitcase tied tight with the cord
of personal memories. A residue of hope
supports our days, those which when seen
by veiled eyes look insignificant or that die
in war, for hunger, waiting in the African port
or huddled in the hold of a tramp freighter.
Then there are brothers we haven’t met
because ice conceals germinating life.

How the hand suffers unable to stop
the devastating work of the bulldozer as it moves
dreams further away: it tramples on them, robs them.
From the crystal skyscraper petrol wheat stocks
monitor the valley. The cry of the stones
nourishes the leaves, with hate and love senses the old
suitcase clinging to that thread of hope that gives meaning
to the water, the bread, the gentle planet that embrace us.

FRANCO BUFFONI

Su come nei diari e nelle agende

Su come nei diari e nelle agende
Restino i grandi amori e le disgrazie,
Non i piatti cucinati dalle madri,
Il quotidiano con la vita vera.

L’amore è un lavoro, o forse un lavorìo
Di piatti di bicchieri di ferri da stiro
Ancora in garanzia.
L’amore è in garanzia per una forma
Di protezione degli opposti,
Un calcolo sbagliato,
Un taglio al dito che non si rimargina
Per il continuo uso ed il rimprovero
Costante superiore
Perché non metti i guanti?

Mia madre, santa donna, sorpresa
A scaracollare il cadavere
Di un agnellino sgozzato
Da un capo all’altro della cucina
Per farlo sgelare.
Acceso di aromi pazienti
Finché rosolato,
Il profumo di carni smembrate
Si espande da lei per la casa.

As in diaries and agendas

Just as in diaries and agendas
It’s great loves and adversities that remain,
Not the dishes your mothers cooked,
The every day real life.

Love is hard work, or maybe a tussle
Of plates glasses irons
Still under warranty.
Love is under warranty as a sort of
Protection of opposites,
A mistake in calculation,
A cut finger that refuses to heal
Because you never stop using it and the
Constant know-it-all rebuke
Why don’t you wear gloves?

My saint of a mother caught
Pitching the cadaver
Of a butchered lamb
From here to there in the kitchen
So it would thaw.
With an aura of abiding aromas
As it is seared.
The fragrance of dismembered flesh
Emanating throughout the house.

LUIGI CANNILLO

Il tiglio

Dalle finestre entra ancora
il profumo dei tigli a stordirci
Negli ultimi giorni di lezione
il calpestio nel sangue, l’attesa,
chiamano la fine, ci separiamo
mentre una luce ci libera altrove
La porta si apre una volta per tutte
la pagina si gira con un colpo
al cuore, ogni vacanza infinita
con il sole spinto a oltranza
dietro la curva della sera
Come se ci perdessimo per sempre
Il miele del tiglio poi ci lega
e nutre sotto le nostre palpebre
le notti limpide dell’innocenza
Quei fiori restano intatti
per la sete dell’inverno,
quando i muri delle aule
tengono strette le persone e i sogni,
consolano per le separazioni
Come se già sapessimo il ritorno

The linden tree

The open windows let in the giddying perfume
of the linden trees.
The last days of classes
blood chafing in our veins, the wait,
heralding the end, we separate
while a light frees us for elsewhere
The door opens once for all
the page turns with a pang
to our heart, every never ending vacation
with the sun pushed with a vengeance
behind the curve of evening
As if we were losing forever
The linden honey then binds us
and nourishes, beneath our eyelids,
the limpid nights of innocence
Those flowers remain intact
for winter’s thirst,
when the classroom walls
imprison persons and dreams,
offer consolation for the separation
As if we already knew of the return

ANNA MARIA CARPI

MANGIARE,
già soltanto parlarne è così bello,
di questi tempi non si fa più altro.

E le mie crêpes… vi piacciono?
Oh, dice un ospite, sono una squisitezza.
Le ho prese in quel negozio appena aperto.
Là sull’angolo, dove ferma il tram?
Ma ci ho messo il ripieno, di pinoli e spinaci.
Così lo fai? Eccelso!
Si sporgono le teste sopra il tavolo.
Ce la mandi per mail questa ricetta?
Con piacere, questa sera stessa.

E la nuova vetrina dei formaggi
sulla via Monti?
Ma i prezzi, avete visto?
C’è il tentatore –
l’infido gorgonzola biancoverde,
la vergine robiola che apre il grembo,
le maschie frane dei parmigiani
e il brivido dei piccoli, i caprini:
è come una famiglia patriarcale.
E dentro, sopra il banco, c’è un affisso:
“Cena in campagna alle Ventarole
dalle otto di sera,
pane appena sfornato, vini rustici”.
Una volta ci andiamo… che ne dite?

Com’era amici quando
parlavamo di noi
e stavamo in ascolto
di noi speciali, noi quelli dell’anima,
sulle labbra negli occhi ancora il lampo
del digiunare della giovinezza?

EATING
just talking about it is wonderful,
nowadays that’s all one does.

And my crêpes… do you like them?
Oh, says a guest, absolutely divine.
I got them in that shop that just opened.
Over there on the corner, where the tram stops?
But the filling is mine, pine nuts and spinach.
Is that how you make it? Sublime!
The heads all lean in over the table.
Can you email us the recipe?
Glad to, do it tonight.

And the new showcase for cheeses
on Via Monti?
But did you see how much they cost?
There’s the devilish tempter –
the insidious green-white gorgonzola,
the virgin robiola opening her womb,
the macho avalanches of Parmesan cheeses
and the babies, the trembling caprini:
a patriarchal family.
And inside, over the counter, there’s a sign
“Country dinner at the Ventarole
starting at eight in the evening,
bread fresh from the oven, rustic wines”.
Let’s go sometime… How about it?

What was it like friends when
we talked about ourselves
and listened
to our innermost thoughts, bared our souls,
with the hunger of youth
still flaring up on our lips, in our eyes?

SALVATORE CONTESSINI

Simposio
(4 tanka e 1 haiku)

Chicco di grano
in campo aperto preme.
Nel sole giallo
alla stagione piena
affido pasto sano

Come pensiero
l’odore della menta
schiude narici.
Un tono senza macchia
che solo nutre bene

Frutto vermiglio
la fragola carnosa
vive di maggio
tinge le labbra chiuse
solo per trasgressione

Sorgiva l’acqua
il corpo rende fonte
come cristallo.
L’uva matura spilla
il nettare d’ambrosia.

Scritte sul cibo
tranelli dì parole
cambiano senso

Symposium

A grain of wheat
sprouts in an open field.
In the yellow sun
I committ a healthy meal
to the overflowing season
Like a thought
the smell of mint
opens nostrils.
A spotless hue
that nurtures well
Vermilion fruit
the fleshy strawberry
lives in May
and stains closed lips
just for transgression

Spring water
makes the body
a crystal well.
The mature grape taps
the ambrosial nectar

Signs on the food
snares of words
change their meaning

VITTORINO CURCI

un’altalena di parole sul vestito di nebbia.
un grido di luce attraversa gli alberi.
corse deludenti. equazioni scomposte.
i bambini diretti a scuola ci guardano
come se fossimo i sopravissuti di un mondo
senza nomi. loro sanno che il mondo respira
l_e_n_t_a_m_e_n_t_e

che pensare allora di questa indifferenza.
alloggiamo stabilmente nella menzogna.
dai letti sfatti o sotto gli alberi
nei paraggi, le nuove regole del gioco.
un colpo nell’aria deforma i volti già provati
dalla sceneggiatura. è un segnale di partenza.
tra poco potremo tornare in strada

a seesaw of words on the garment of fog.
a cry of light cuts through the trees.
disappointing races. broken down equations.
the children on their way to school look at us
as if we were survivors of a world
without names. they know the world breathes
s _l _o_w_l_y

what to think then of this indifference.
we permanently reside in the lie.
from unmade beds or under the trees
in the surroundings, the new rules of the game.
a blast in the air deforms the faces already worn out
by the scenario. it’s a starting signal.
soon we can once more get on the move

ROBERTO DEIDIER

Fotografia della tovaglia

Infine giunse il piatto. La barca era arrivata in porto
Perfettamente allineata alla banchina.
Ogni gesto occupava fette di cielo
E disegnava sulle pieghe ali di poiana
E le posate erano arpioni.
Non potevano esserci aquiloni –
Non c’era una spiaggia dove correre.
Ma risate, queste non mancarono,
E il plenilunio intermittente di un flash.

Photo of a tablecloth

And then the plate arrived. The boat had come into the harbour
Was drawn up perfectly along the pier
Every gesture filled segments of sky
Designing buzzard wings on the folds
And knives and forks were harpoons.
Kites were out of the question –
What with no beach on which to run.
But laughter, of this there was plenty,
With an intermittent full moon flash.

RENZO FAVARON

La pietra di scarto

Vestirsi due volte per essere nudi.
Allora, di chi o cosa si parla?
Il volto o la sua assenza?
La libertà è tutto.
Pensa: all’ospite dell’ospizio.
Non serve invecchiare per comprendere.

L’altro è il cibo di una lingua
sconosciuta, che ha o non ha volto.
Come dire che si abita
non in una terra di nessuno, ma ancora
di tenebra, di nessuno raggiunto dal sole.
Pensa: crescere, vivere
e morire come il boxeur.
Ad ogni colpo scagliato, uno preso o schivato.

La pietra di scarto, che diamine!
Di questa il cerchio si completa.
Pensa: che pesce è il pesce
che non è nel torrente, né nel fiume?
Poco, ma sicuro: è più fossile, cibo.

Chiudete gli ospizi, che diamine!
Tenete aperte le vostre case
se non vorrete essere voi un giorno
a non avere volto,
se non vorrete essere voi un giorno
a non avere tempo
e per sempre, per sempre, per sempre
cogliervi e più non potere,
non potere più andare dove vi piace e pare…

The rejected stone

Clothe yourself twice so as to be naked.
Well then, who or what shall we talk about?
The face or its absence?
Freedom is all we need.
Think: of the inmate in the old people’s home.
No need to grow old to understand.

The other is food in an unknown
language, which may or may not have a face.
Like saying one doesn’t live
in no-man’s land, although it’s still
penumbra, with no one touched by the sun.
Just think: growing living
and dying like the boxer.
With every punch given, one taken or dodged.

The rejected stone, what the heck!
Just this one that comes full circle.
Think: what kind of a fish is a fish
that’s not in the brook, nor in the river?
No room for doubt: it’s sort of a fossil, it’s food.

Close the old people’s home, what the heck!
Throw open your homes
if you don’t want to be the ones
who one day are faceless,
if you don’t want to be the ones one day
who have no time
and forever, forever, forever
find yourselves unable,
are no longer able to go wherever you like…

ANNAMARIA FERRAMOSCA

prima dell’arrivo dei frutti
era nebbia fino all’orizzonte
tutto era foglie polline pallore emaciato sui corpi
poi fu il colore le sfere gonfie accesero i rami
appese ai passi del sole
noi sbigottiti sedotti
a raggiungerle portarle alla bocca
farne corpo nel corpo
ecco le melagrane
scendono dai raggi ridono dell’autunno
– gli stanno rubando l’ultimo fuoco –
ci sprizzano sangue rosato in bocca
granate di vita esplodono con
piccole grida (acute come nel parto)
ecco le spighe
stridono al vento
la gioia futura triticum delle macine
l’acuto già fragrante nelle narici
sativum pane che si fa carne e poi
vagito ancora e poi sarà parola (lei sempre segue il pane)
ecco la fortuna che possiamo meritare
l’aprirsi ancora della terra al gesto sapiens della semina
ai nostri sacri passi paleolitici
curvarsi sui solchi abbeverarli
scambiare olio e vino con altre felici terapie del vivere
e intorno alle città mandorli e olivi
guardare il lento splendere del Nilo
per cui muta in frutteto il deserto
pensare di tornare – africana –
svernare in eterno in un grano di miglio

before the arrival of the fruits
there was fog up to the horizon
everything was leaves pollen pallor emaciated on the bodies
then came colour the swollen globes, following
the steps of the sun, illuminated the branches
and bewildered seduced
we reached up to bring them to our mouths
to assimilate them into our bodies.

here are the pomegranates
descending from the rays laughing at autumn
– stealing its last fire –
spraying rosy blood into our mouths
grenades of life exploding with
small cries (piercing, as in childbirth)

here are the ears
rustling in the wind
the future joy triticum of the millstones
sharp already fragrant in nostrils
sativum bread becomes flesh and then
another wail and then comes the word (always after the bread)

this is the fortune we can deserve
the opening once more of the earth to the sapiens gesture of sowing
to our sacred palaeolithic steps
bending over the furrows giving them drink
exchanging oil and wine with other felicitous therapies of living
and around the cities almond and olive trees

watching the slow splendor of the Nile
turning the desert into an orchard
thinking of returning – African –
to winter forever in a grain of mille

STEFANO GUGLIELMIN

Al commensale dell’EXPO

C’è sempre un lampo
insostenibile, una crepa
che ricorre e resiste
in ogni lauto piatto
incrina l’aureola alla festa
mentre vorresti, fra i
commensali, una parola
onesta, un giro
concavo che attraversi
un bosco senza lupi.

In controcanto
si muove un’energia buona
dentro la mano, che ama
tuberi e verdure; il mondo
terzo ci posa il labbro
su quella luce, come sul miele:
per qualche mese
almeno, l’opera si compie
salda la sua crepa.

To the fellow diner of the EXPO

There’s always un unbearable
flash, a crack
that occurs, remains
in every lavish dish
spoils the glow at the feast
while what you want, among the
fellow diners, is an honest
word, a well-worn
track cutting through
a forest without wolves.

Countered however by
a positive energy moving
within the hand, loving
tubers and greens; the Third
World puts its lips on that light, as on honey:
for a month or two
at least, the work is accomplished
closing its crack.

TOMASO KEMENY

Nutrimenti

Niente copulazioni serpentesche
nel buio pesto, ma alla luce,
quella vera, dell’amore
che fa risplendere l’anima
assetata di perfezione –
alla luce, quella vera,
dell’amore in grado di dissolvere
gli abissi della dissonanza
e di congiungere gli innamorati
nell’estrema armonia.
Ma tra un bacio e l’altro
la fame diventa più intensa
e allora nulla di meglio
di un’insalatina di rucola rianimata
da spicchi di pompelmo rosa
e poi mele al forno
con cannella e uvetta.
Il nutrimento di baci
e qualche piatto suggerito da Cinzia
la mitica nutrizionista
potrà fare scaturire dalla terra
una generazione migliore della mia
(da rottamare?)

Nourishment

No serpentine copulations
in pitch black night, but in the light,
the real light, of love
that makes the soul
athirst for perfection –
shine in the light, the real light,
of love able to disolve
the abysses of dischord
and to conjoin lovers
in the extreme harmony.
But between one kiss and the next
hunger becomes more intense
and then nothing better
than a rocketweed salad livened
by pink grapefruit sections
and then baked apples
with cinnamon and raisins.
The nourishment of kisses
and a dish or two suggested by Cinzia
the mythical nutritionist
can bring forth from the earth
a generation better than mine
(to be trashed?)

GIANCARLO MAJORINO

Il pane: via all’aperto fuoco del forno!
Il pane, le sue forme iniziali ovali e tonde
quindi tagliate a fette.

Il the il latte il caffè in cassetti e cassettiere
i pentolini, ampie cucine e cucinini nĭni
è presto l’ora è semibuia bigio bugigattolo
lungo la biscia dell’hinterland usciranno lesti
i primi luci e teste, devo far presto!

Impedire che il volteggiante mare delle vele
del sognosonno e le coste brune
ardite nette già semidentro e poi
sti tumulti in più rette
devo scrivere in fretta
il pane, quando poi corre su ceste:

il pane nelle sue mollica e crosta
cerchio circondato da bocche
trascorrono gli uscenti sono già le sette
le settetrenta le ottomenoventi le otto in punto!
casacorpo scocca da te la staffetta: fa presto fa presto
chi non sente il soffio dell’unica nostra vita!

In panetteria con le tre donne al banco
scambiano ridenti pane e denaro
le ultraveloci dentro il grembiule stretto
le chiamiamo spezzandole in buoni bocconi
qualche volta appare uno il figlio magro
con i supercesti zeppi fattosi forte
la madre alla cassa sorniona incassa

nel retro il padre e il suo aiutante fuochista
strattonati sin dalla buia aurora
crepando dal bollore han fatto il pane
la stessa notte che con aiuto lunare
quel biancore sta lasciando il pianeta matto
se filmi giusto: pianeta matto e reale.

Bread: let the fire blaze in the oven!
Bread, oval shaped and round
then sliced.

Tea milk coffee in canisters and chests of drawers
kettles, kitchens large and kitchens small
it¹s early the hour half-light colourless cubbyhole
along the undulating hinterland the first lights
and heads will soon emerge, I need to hurry!

Stop the spinning sea of sails
of dreaming sleep and the darkling coasts
daring clear cut already half in
and then this turmoil in more ways than one
I need to write fast
the bread, when it then runs by on baskets:

Bread with its crumb and crust
circle surrounded by mouths
those going out are passing by it is already seven
seven thirty twenty to eight eight on the dot!
the homebody hands the relay on to you; hurry hurry
who doesn’t feel the breath of this our only life!

In the bakery shop with three women at the counter
laughing they exchange bread for money
ultrafast in their tight aprons
we call them breaking them into tasty morsels
sometimes the skinny son appears
now stronger with his superbaskets overflowing
his mother shrewdly collecting money at the cash register

in the backroom the father and his stoker helper
hustling ever since the dark of dawn
dying with the scorching heat made the bread
that same night helped by the moon
that luminescence is leaving the mad planet
if you get the photo right: planet mad and real.

PIERO MARELLI

Senza guardare altrove

Ogni luogo accetta le nostre origini
con la promessa verticale delle foreste e i campi
pronti nella loro sollecitudine orizzontale.
I passi capaci di raccontare i mattini, quando poi le sere
sono le prime parole della notte che cercano
di continuare il racconto. Niente di meno preciso
di un ricordo, ma questo può diventare il dettaglio
di una perdita, l’angolo dei pomodori
e dell’insalata, degli alberi da frutta e le colline
del grano, che possono essere capolavori,
se è questo il respiro della terra, il tempo già cominciato
e il tempo da ritrovare, la loro canzone
buona da mangiare, sufficiente a tenere a bada
la voce, veri oltre l’immaginabile
che la storia divide e il dono scommette:
la fedeltà, se non è un verbo messo al passato,
depositata invece sulla nostra faccia
quando gli alberi si muovono per seminare
i loro colori narrativi, mentre la conta degli anni
ha il nome del mondo e il resistere delle pietre,
l’ortodossia delle semine che imparano, aspettando
una riuscita, dall’antica indicazione delle stagioni…
Non un giardino proibito o la perpetua occasione
di falsificare il rimorso, il timore di un Eden
affidato solo alle cartoline o l’esclamazione
di una dedica ignara di qualsiasi confine?

Without looking elsewhere

Every place accepts our origins
with the vertical promise of forests and fields
waiting in their horizontal solicitude.
The steps can tell you of the mornings, when
later the evenings are the first words of the night trying
to continue the story. Nothing less precise
than a memory, but this can become the detail
of a loss, the garden corner of tomatoes
and lettuce, of fruit trees and the hills
of wheat, which can be masterpieces,
if this is the breath of the earth, the time already begun
and the time to rediscover, their song
good to eat, sufficient to keep at bay
the voice, more real than the imaginable
divided by the story and wagered on by the gift:
fidelity, if not a verb in the past tense,
but deposited on our face
when the trees move to sow
their narrative colours, while the tally of the years
bears the name of the world and the resistance of the stones,
the orthodoxy of the sowing learning, waiting for
success, from the ancient indication of the seasons…
Not a forbidden garden or the perpetual occasion
to falsify the remorse, the fear of an Eden
entrusted only to postcards or the exclamation
of an inscription unaware of confines of any sort?

CINZIA MARULLI

Le mani nella terra
ogni giorno
sgranate come un rosario

dal più piccolo dei semi
sacro
nasce la pianta del bene
a nutrire questo pianeta
affamato

Hands in the earth
every day
telling the beads
from the tiniest seed
sacred
sprouts the plant of love
to nourish this starving
planet

LUCIANA MORETTO

Metti una sera…

Alla fin fine bisogna pur dirlo,
ammetterlo serenamente: niente
comporta le delizie di una cena
tra amici. Di fatto a ogni anniversario

ricorrenza o evento ecco gli aggregati
della prima ora, invisibili come
alieni epperò ben presenti: i cinque
sensi. Un affollarsi di occhi golosi

per cominciare, e ghiandole salivari
in azione al solo profumo e quindi
al gusto di prelibate pietanze
guarnite di salse le più succose

laddove è la mano a godere al meglio
la piena, sensuale rotondità
del calice che promesse concede
all’ineffabile magia del vino.

Per poi finire all’orecchio graditi
i discorsi allegri che non di rado
si fanno a tavola tra amici, il tintinnio
dei bicchieri, i rumorosi brindisi

One night…

When you come down to it, you have to say,
calmly serenely admit: nothing
can match the delights of a dinner
with friends. In fact at every anniversary

celebration or recurring event here they are
the original group, invisible as
aliens yet unquestionably present: the five
senses. First of all a throng of greedy eyes,

and salivating glands doing
their bit, thanks to the fragrance and then
the taste of the delectable dishes
garnished with the richest of sauces

there where it’s the hand that best enjoys
the full, sensual fullness
of the chalice conceding promises
to the ineffable magic of wine.

And lastly the ear enjoying
the gay speeches not infrequently
given at table among friends, the clinking
of glasses, the noisy toasts

GUIDO OLDANI

Centenari

gli alberi centenari, dentro al parco,
sembrano di vernice non più fresca
tra chi passeggia con le mani in tasca
ed il soffiare d’aria che si avverte
pare la pompa della bicicletta
che manda il flusso fra le zampe a un gatto
giocante come delle azioni in borsa
e un nonno insegue un bimbo, va di corsa.

Centenarians

the centenarian trees, in the park,
look like covered with old paint
people walking, hands in pocket,
and a gust of air
seems to come from a bicycle pump
sending its stream between the paws of a cat
playing the stock market, for fun,
and a grandfather giving chase to a child.

RITA PACILIO

Morire di fame per vivere degnamente
(dedicato a tutti gli attivisti che per vivere degnamente rinunciano al cibo)

Quel venerdì, luglio muoveva fili gialli
(un serpeggiare di erbe e odori fuori stagione
inquieti e saturi per tutte le vie traverse)
fagiani fuggivano indocili senza il cane pastore

non era mai accaduto che macinassi finemente
l’anima, di solito sgualcita dal sentiero
ogni creatura difendeva i segni della nascita
e della morte nei margini del petto. Fu

così che meditarono timori nelle viscere
rimbalzarono paralisi, prese vantaggio
la solitudine, la giustizia sa occupare
membra come un tramonto sul mare,

rinchiusa in un corpo fisico, verità
midollare fatta per entrare nei millimetri.
Pugni di riso nello spazio circoscritto
del piatto bianco sono il ramoluce nudo

irradiato spina dorsale, chiusa e poi aperta,
(non dipende dall’energia dei morsi se perdevo i denti)
Fioriranno nuovamente le ginestre! mi dicesti
questo con tenerezza umana, quel venerdì, a luglio

mentre lungo il braccio scorreva la montagna e un volto.


To die of hunger to live with dignity

(dedicated to all the activists who give up food so they can live justly)

That Friday, July moved yellow rows
(ripples of grasses and odors no longer in season
restless and pervasive both here and there)
pheasants were fleeing uncontrollable without the sheep dog

never before had I so finely ground
the elan vital, usually rumpled by the path
every creature defended the marks of birth
and death at the edges of his breast. This

was how fears pondered in the bowels
rebounded paralysis, solitude
took over, justice knows how to occupy
members like a sunset on the sea,

enclosed in a physical body, essential
truth made to enter in the millimeters.
Fistfuls of rice in the space circumscribed
by the white plate are the naked branch of light

spinal column, x-ray, closed then opened,
(it didn’t depend on how hard I bit if I lost my teeth)
The broom will blossom again! you told me
with human tenderness, that Friday, in July

while the mountain and a face moved along my arm.

ISABELLA PANFIDO

Acquamadre

Acqua, madre,
perdimi nella tua forma
per trascinare a valle tronchi di memoria
imprimiti nella mia voce
perché chiaro resti il timbro della fonte
invadimi come golena
e oro e sabbia porterò alla foce.

È tuo il silenzio che mi fiorisce sulle labbra
salgono in superficie nomi di morti e amori
sciami di luce in sospensione filtrano corpi, errori, sedimenti.

Scorro con te, acqua sempre viva,
per attraversare il cielo che mi resta,
rendimi cibo, terra, nutrimento, acqua maestra,
raccoglierò con te semi e polline di vita
in piccole pile allineate lungo il confine
per la fioritura che verrà, per i miei figli.

Motherwater

Water, mother,
lose me in your shape
to drag downstream trunks of memory
impress yourself in my voice
so that the timbre of the spring remains clear
inundate me like a flood plain
and gold and sand I’ll take to the mouth.

Yours is the silence that blooms on my lips
names of the dead and of loves rise to the surface
swarms of suspended light filter bodies, errors, sediments.

I flow with you, living water,
to cross the sky that remains to me,
give me food, earth, nourishment, water guide,
with you I will gather seeds and pollen of life
lined up along the border in small mounds
for the flowering to come, for my children.

ELIO PECORA

Tu che sei fatto d’acqua, d’aria, di terra,
e porti negli occhi la luce, nei piedi l’andare,
sei la misura e la norma,
il nutrimento e il nutrire.

Che puoi, tu accorto inquilino
dell’opaco pianeta,
se non saperti solco, albero, seme,
cuore che pulsa, animale?

Qui dove attendi al durare
questo ti tocca, solo questo restare
custode fedele
nel giorno che schiara e imbruna.

Made of water, air, of earth,
with the light in your eyes, movement in your feet,
you are the measure and the norm,
nourishment and nurturing.

How can you not, observant tenant
of the opaque planet,
know you are the furrow, tree, seed,
pulsating heart, animal?

Here where you are waiting for eternity
this is your fate, solely to remain
a faithful guardian
as the day breaks and sets.

PAOLO PEZZAGLIA

Segreto

Quando le mie parole
saranno come il soffio
del divino Pan,
la dea che
assorta
medita nel bosco,
ridendo
sorpresa
dirà:
– ecco
vieni nella radura,
sediamo
all’ombra del tempio d’oro,
parliamo -.

Secret

When my words
will be like the breath
of the divine Pan,
the goddess who
rapt
meditates in the woods,
laughing
surprised
will say:
– voilà
come into the clearing,
let’s sit
in the shade of the golden temple,
and talk -.

LAURA RICCI

Marmellata

Rosa Rosae Rosae – Rosae Rosarum Rosis
Rosam Rosa Rosa – Rosas Rosae Rosis
Cosa serve per una pura marmellata di rose?

Solo rose tè, tutt’al più qualche ciuffo delicato
di noisette. Non raccogliere seppur freschi i petali
sul prato di rugiada né quelli morsi dal calabrone
o succhiati dall’ape golosa. Sacrifica la sovrana
carnosa bellezza di fiori maturi – intatti.

Scegli rose femmine, l’immacolata fertile dedizione
di spose sorelle amanti madri – quattro Mme Lambard
una Sylphide – di Aimée Vibert non più di mezza –
cinque Franziska Krüger – qualche Mme Bérard –
Mermet in abbondanza – due o tre Rosette Delizy.

Lava trita, con succo di limone zucchero quanto basta
acqua poca cuoci dieci minuti in casseruola a fiamma
bassa. Poi scola i petali, lascia addensare lo sciroppo.
Riversa i petali aggiungi acqua dieci minuti ancora
fino alla quasi candita consistenza. Cola nei vasetti.

Rosa Rosae Rosae – Rosae Rosarum Rosis
Quando aprirai il tuo nettare verranno a te
le mille forme d’amore i nutrimenti del mondo.

Petal jam

Rosa Rosae Rosae – Rosae Rosarum Rosis
Rosam Rosa Rosa – Rosas Rosae Rosis
What does one need for that perfect rose petal jam?

Tea roses to begin with, at the most a delicate sprig
of noisette. Don’t even think of picking
fresh as they may seem the dewy petals in the field
or those sampled by the yellow jacket or sucked by the greedy bee.
Sacrifice the intact sovereign beauty of the full-blown blossom.

Choose the roses with a woman’s name, immaculate totally committed
in the way of brides sisters lovers mothers – four Mme Lambard –
a single La Sylphide – a half at most of Aimée Vibert –
five Franziska Krüger – Mme Bérard just one or two –
as many Mermet as you like – two or three Rosette Delizy.

Rinse them, bruise them, lemon sugar just enough
a dash of water, simmer ten minutes gently in a saucepan
keeping the fire low. Remove the petals, let the syrup thicken.
Throw back in add a dash of water, ten more minutes
so it will jell. Pour into small glass jars.

Rosa Rosae Rosae – Rosae Rosarum Rosis
When opened the nectar will release
the thousand forms of love nourishment of the world.

DAVIDE RONDONI

Vai in estasi
per le cibarie, e chiami tutto
cultura –
ma dove è la dura
alimentazione della mente, la ruminazione
del cuore

Iniziàto al mistero
di un tenerissimo formaggio, hai dimenticato
le rose, le rose, le rose di maggio
il loro furioso, indecifrabile
messaggio.

E ora che il mondo consumi in connessioni
e in rapidissimi giri
passa un mormorio che ripete
tra detriti e sospiri:

ehi, non sei cosa mangi, ma cosa ammiri.

The viands send you
into raptures, it’s all
culture, so you say –
but what happened by the way
to that adamantine nutriment of the mind, the rumination
of the heart.

Initiated into the mystery
of lovely tender cheeses, you’ve forgotten
the roses, the roses, the roses of May
and their furious, indecipherable
poetical lay.

And now that you’re consuming the world in connections
and ever faster revolutions
a passing murmur keeps repeating
amongst residues and sighs:

hey there, you’re not what you eat, but what you eulogize.

SALVATORE SBLANDO

La tua parte

Sono dalla parte
tua
più indifesa
quella
dove i versi
gettano voci
nell’urgenza
di carte
strappate
cestini da riempire
piatti pieni
d’acqua e occhi

i tuoi occhi

fermi
per la noia
di una qualunque
gioia che graffia
sull’impronta rossa
della fame

On your side

I’m on
your 
side

more vulnerable
that one
where each verse
throws voices
in the urgency

of torn
papers
baskets
to fill
plates full
of water and eyes

your eyes

immobile
with boredom
of any joy
whatsoever clawning
on the red spoor
of hunger

LUIGIA SORRENTINO

nascosto nella tana dorme il bosco

le mani non sostengono più niente
piccole ossa, radici pietrose
di alberi accresciuti
dal seme oltre misura

l’eterno, la cosa compiuta
nella parola, appare in un coro

hidden in its den the forest sleeps

hands no longer hold anything
small bones, stony roots
of trees grown beyond measure
from the seed

the eternal, the thing accomplished
in the word, emerges in a chorus

ANNA TOSCANO

Tutto sta lì

Tutto sta lì
nel cucchiaio dell’impasto
tra le uvette sparse sul tavolo
e tu, nonna, seduta sullo sgabello
tra le ginocchia la pentola alta
con fatica mescoli
dal mestolo fai scivolare
nell’olio bollente
scegli l’istante
per togliere e
posare sul vassoio
zucchero col setaccino
il sorriso di chi ce l’ha fatta,
anche quest’anno.
La fatica e la gioia di scegliere,
le tue frittelle un’epifania nella vita.

It’s all there

It’s all there
in that spoonful of dough
with raisins strewn over the table
and you, grandma, sitting on the stool
the big pot between your knees
laboriously stirring
from the ladle slide one
into the boiling oil
at just the right moment
retrieve and
place it on the tray
sugar with the sieve
the satisfied smile of having made it
once again, this year.
The hard work and the joy of choosing,
your fritters an epiphany in life.